Lunedì 2 febbraio 2009 – 545a Manifestazione.
Abbiamo dedicato il convivio di febbraio al motore in una della sue espressioni più estreme. Il tema della serata è stato infatti:
Dakar: Sport, avventura o competizione estrema?
Da sn.: Miotto Donato Grosso e Graziani
Conduttore della serata il giornalista Sandro Donato Grosso, inviato speciale di Sky Sport alla Dakar. Si tratta di un giornalista preparato, profondo conoscitore del mondo rallystico e speaker di prestigio. Con Grosso abbiamo avuto il piacere di ospitare uno dei piloti a cui il Panathlon è più affezionato: Matteo Graziani, personaggio di grande spessore tra i rally-man motoristici italiani. Ha partecipato con notevoli risultati e, più volte, sia al Rally dei Faraoni sia alla Parigi-Dakar. Per ben 51 volte ha conquistato il titolo italiano di Motorally e nell’ultima stagione è stato primo in Italia in sella alla sua KTM nella classe 600. Assieme a lui un compagno di avventure, l’eroe sfortunato nell’ultima sessione sudamericana della Dakar Mirco Miotto: mentre sfrecciava verso Buenos Aires, quindi a pochi chilometri dal concludere la corsa ed in ottima posizione, Miotto cadeva riportando una frattura al braccio che lo costringeva ad abbandonare la gara. Ancora stasera Miotto portava sul braccio una fasciatura a “ricordo” dell’infortunio occorsogli.
Rudy Dalpozzo e Matteo Graziani
Assieme ai tre ospiti sopracitati, abbiamo avuto con noi anche Roberto “Rudy” Dalpozzo, co-pilota ufficiale di Opel Italia oltre che coordinatore della squadra rally Opel e Cesare Ragazzi.
Mirco Miotto, Matteo Graziani e Cesare Ragazzi
La Parigi-Dakar è nata nel 1979 partorita dalla mente di un “motocycle racer” di nome Thierry Sabine che aveva scelto il deserto c ome palcoscenico principe delle sue rappresentazioni rallystiche ad alto rischio . Originariamente la gara partiva da Parigi per arrivare a Dakar (Senegal) dopo aver attraversato il deserto del Sahara. La partenza e l’arrivo nelle varie edizioni ha sempre subito cambiamenti. Addirittura nel 1992 la gara si concluse a Città del Capo in Sudafrica. I mezzi che correvano all’impazzata per il continente africano erano auto, moto e camion tutti guidati dalla frenetica passione di piloti disposti a tutto pur di arrivare al traguardo. Le difficoltà della corsa, il pericolo allo stato puro, la magia dei luoghi percorsi hanno creato negli anni una leggenda. Coloro che vorrebbero abolirla la chiamano “la corsa maledetta” e non potrebbe davvero avere un nome più appropriato considerato che, fino ad oggi, una sessantina di persone, equamente divise tra piloti e spettatori, sono morte durante la corsa. La Parigi-Dakar è stata capace di uccidere persino il suo creatore, quel Thiery Sabine deceduto durante l’edizione del 1986 per la caduta del suo elicottero . Nell’edizione 2008, ai mille problemi e difficoltà della corsa si aggiunsero anche le tensioni geopolitiche: un attentato in Mauritania, dove quattro turisti francesi furono uccisi, fece decidere gli organizzatori a sospenderla ed annullarla.
Il mito della Dakar (oggi si chiama così) era quindi tramontato? Neanche per sogno! La Dakar 2009 riprendeva forma e vita, proponendosi tra i due oceani del Sudamerica. La carovana quindi partiva per il sud del mondo tra Cile ed Argentina con partenza ed arrivo a Buenos Aires per far vivere in 13 giorni un’altra sfida lunga 9.574 km. Per la cronaca lo spagnolo della KTM Marc Coma ha vinto nella categoria moto, mentre il sudafricano Giniel De Villiers, su Volkswagen, ha conquistato il titolo delle auto davanti agli statunitensi Mark Miller e Robby Gordon. Hanno concluso la gara circa il 50% dei concorrenti partiti (113 delle 217 moto e 91 delle 178 auto).
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